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Fabio

Kinmen: vento, mare e stelle

Aggiornamento: 3 mar 2023


"Se lo immagina come doveva essere un tempo? Niente computer, niente motori a curvatura... solo il vento e il mare, e le stelle a guidarti." -Capitano Jean Luc Picard - Dal film Star Trek Generazioni Motore a curvatura a parte, ve lo immaginate come poteva essere Kinmen tempo fa? Vento, mare e stelle.

Perché questa è la sua essenza.

Ormai sono tanti anni che mi reco a Kinmen in vacanza. Molti mi chiedono "Ma perché vai sempre lì? Non ti sei stufato? Perché non vai da un'altra parte?". La risposta è molto semplice: perché a me piace. Kinmen è un arcipelago che dista soltanto 2Km dalla costa del Fujian. E' costituito da due isole maggiori abitate da civili, ed isolotti minori presidiati dai militari. La contea di Kinmen (o anche 金門, JīnMén, Quemoy) comprende invece, oltre ai succitati, anche le isole Wūqiū o Wuciou - 烏坵 costituite da Ciou (Qiū) Maggiore e Minore. Esse sono situate a nord est verso l'arcipelago delle Matsu (Mǎzǔ - 馬祖列島), parecchio distanti dall'isola principale di Kinmen, e fanno parte della "township" di Wuciou (tradotto Collina Nera). Il territorio fa parte della provincia del Fujian, nella porzione amministrata della Repubblica di Cina.


In altre parole, sia il governo della Cina comunista che quello della Cina nazionalista concordano nel fatto che l'arcipelago appartenga alla provincia del Fujian, ma in seguito alla guerra civile, la maggior parte della provincia passò sotto il comando di Mao, mentre una piccola porzione, compreso l'arcipelago di Kinmen, è tutt'ora sotto il controllo delle truppe ROC. Questo gruppo di isole, che conta circa 85.000 abitanti, è pressoché sconosciuto in Italia; d'altronde in molti nemmeno sanno dove si trovi Taiwan... ! Tuttavia negli anni '50 esso salì agli onori della cronaca a causa della cosiddetta Crisi dello stretto di Taiwan, che vide i due eserciti ancora una volta fronteggiarsi proprio in quella zona. Si trattò di uno dei numerosi episodi bellici che ebbero luogo nell'arcipelago.

Non mi riferisco soltanto alla guerra civile: Kinmen ha sempre rivestito un'importanza strategica, sin dai pri


mi insediamenti nel corso della dinastia Song. Fu tuttavia con la ritirata degli ultimi baluardi della dinastia Ming, poi giunta sino all'isola di Taiwan, che gli abitanti iniziarono ad essere pesantemente vittime della propria posizione geografica. Nel corso dei secoli infatti fra pirati, eserciti regolari e commando, i pacifici abitanti di Kinmen sono stati soggetti a continue invasioni e predazioni, da ultima quella dell'esercito del Kuomintang, col quale loro nulla avevano a che spartire, ma a cui, per un beffardo gioco del destino, rimasero profondamente legati. Ancora oggi una delle principali attrazioni turistiche è rappresentata dalle strutture militari costruite a difesa del territorio, e che in pochi decenni lo hanno completamente rimodellato. Tuttavia la militarizzazione dell'arcipelago, che al suo apice vide circa 100.000 effettivi di stanza, ha anche permesso la conservazione di alcune zone naturali e la creazione di altre, oltre che la costruzione d'infrastrutture come strade ed edifici amministrativi.


L'arcipelago di Kinmen ed i suoi abitanti sono stati indissolubilmente legati all'esercito che li proteggeva sin dal 1949. Contemporaneamente carnefice e protettore, questo dualismo è ancora oggi molto sentito dalla popolazione. Ma a voce bassa. Sì, perché è raro trovare qualcuno, soprattutto un po' in là con gli anni, disposto a parlare di quei giorni difficili, di quegli stranieri invasori con la pretesa di difenderli dai dirimpettai che sino al giorno prima erano parenti ed amici. Specialmente con uno straniero che difficilmente può comprendere ciò che essi provarono. Non a torto. Riuscite ad immaginare come deve essere stato vedersi recapitare a giorni alterni cannonate dalla zona di Xiamen, dal tardo 1958 al 1979? Vivere la propria vita scandita dagli altrui bombardamenti, non poter tenere la luce accesa per leggere per non favorire l'individuazione da parte del nemico, non poter uscire liberamente la sera per via del coprifuoco? Un inferno! Loro malgrado, gli abitanti si sono spesso trovati nel mezzo di conflitti; nonostante l'inenarrabile sofferenza, a distanza di qualche decennio, con una pace di fatto fra i due contendenti, Kinmen cerca di rinascere. Dapprima grazie al lavoro degli stessi soldati, che nel corso degli anni hanno costruito e riparato i danni, e poi grazie ai fondi del governo centrale; una sorta di risarcimento che comunque non potrà mai cancellare quanto accaduto.



Kinmen oggi è una contea tranquilla. Quasi nullo l'inquinamento aereo, poco traffico, poco rumore, pulita, ben tenuta, ospitale. Gente che cerca di vivere la propria esistenza in pace, seguendo ritmi antichi. Non c'è la frenesia delle città principali di Taiwan, nemmeno nel caso di accadimenti particolari. Tutto scorre inesorabilmente come la marea che da secoli condiziona modi e tempi degli abitanti; pescatori, raccoglitori, agricoltori ed allevatori, che grazie allo sviluppo del turismo si sono anche trasformati in operatori di servizi. Da quando poi sono arrivati i Cinesi dell'altra parte dello stretto, muniti di visto s'intende, gli affari procedono bene. Non c'è stata invasione, gli ospiti arrivano regolarmente, passano qualche giorno a scattare foto, spesso senza sapere perché, fanno acquisti nel neonato mall e nei negozi tradizionali, una delle poche tracce di un passato ormai remoto, e poi tornano tranquillamente a casa. Qui le tensioni che talvolta si avvertono sull'isola di Taiwan non esistono. Forse perché è ancora troppo fresco il ricordo di eventi nefasti, per l'una e per l'altra parte. Perché sia chiaro, non è che mentre le bombe volavano sui cieli di Kinmen, a Xiamen e dintorni potevano dormire sonni tranquilli.

Non c'è nulla da fare, Kinmen è indissolubilmente legata al suo passato, alla sua ricca storia. Fortunatamente ancora oggi se ne possono scorgere le vestigia. Un passato glorioso risalente alle dinastie Ming e Qing principalmente, alla presenza di famosi personaggi storici e del mondo della cultura di allora, alla diaspora (1860 - 1949), all'eredità della cultura delle popolazioni costali del Fujian che qui ha trovato un ambiente ideale alla preservazione, grazie agli interventi dei governi locali e nazionali.


Poi non ci scordiamo delle bellezze naturali, del birdwatching, della fauna e della flora locali che riservano non poche sorprese. Insomma una località adatta a tutti. Tranne che a quelli a cui piace la vita notturna, la baldoria, il chiasso e l'immersione nella folla. Quando termina l'ora di cena, le strade ed i ristoranti si svuotano. La gente qui si ritira presto. Non che non ci sia proprio nulla da fare la sera, ma la gente di qui vive come detto secondo ritmi antichi. Se proprio volete comunque c'è un pub irlandese dove sorseggiare una birra (l'unico nell'intero arcipelago) e da qualche anno esiste anche un cinema nuovo, con gli ultimi titoli. Tuttavia se andate a Kinmen per turismo, la vostra giornata sarà sufficientemente piena da farvi passare la voglia di bagordi fino a notte fonda. Impossibile descrivere tutto quanto ci sia da vedere, nonostante le ridotte dimensioni del territorio.


Voglio comunque proporvi tre elementi: il retaggio del conflitto con la Repubblica Popolare Cinese, i villaggi tradizionali in stile fujianese ed il culto del dio leone del vento (Féngshīyé - 風獅爺 - Wind Lion God). Questi sono i percorsi turistici che vanno per la maggiore, se non avete particolari interessi. Tuttavia mi preme sottolineare un aspetto. La maggior parte dei turisti, sia che vengano da Taiwan, che dalla Cina continentale, o da altri luoghi, si ferma pochi giorni: da un fine settimana a 7 giorni. Difficilmente di più. Un po' perché i pacchetti turistici sono tarati in tal senso, ma a mio giudizio anche perché certe attrazioni e certi aspetti non vengono ancora valorizzati adeguatamente. Mi è capitato numerosissime volte di sentire dei Taiwanesi chiedere cosa ci sia da vedere a Kinmen; per non parlare della gente proveniente da altre nazioni. Tutti si focalizzano sui soliti monumenti, sulle attrazioni conosciute per poi potersi fare una foto e dire di esserci stati. La mia non vuole certo essere una critica al modo di fare turismo di altri popoli, ognuno ha le sue esigenze, tuttavia non mi piace sentire ridurre la storia e la cultura di una popolazione ad una fotografia col leone di pietra di turno. C'è poi un'altra cosa da dire: poiché il maggior numero di visitatori proviene da Taiwan e Cina popolare, il turismo, le sue strutture ed i suoi servizi sono settati secondo quei canoni. In altre parole, per la toccata e fuga.

Monumenti e tutto ciò che di interessante c'è in giro sono quasi sempre accompagnati quanto meno da una targa descrittiva, in mandarino. In lingua inglese c'è pochissimo, più facilmente all'interno dei musei, ma ciò che personalmente mi ha lasciato basito è il fatto che le indicazioni siano molto molto scarne (con poche eccezioni).


Solo per fare un esempio, potete trovare un cartello con scritto che una certa casa era di proprietà di un certo tizio. Solo che da nessuna parte è scritto chi fosse il soggetto e perché sia famoso.

Qualcuno potrà obiettare che evidentemente egli sia talmente noto ai locali e probabilmente anche ai visitatori di lingua mandarina da non richiedere ulteriori approfondimenti. Invece vi assicuro che non è così. Non solo chi viene da Taiwan non sa di chi si tratti (e presumo anche chi viene dalla Cina popolare), ma spesso nemmeno gli abitanti del luogo! A precisa domanda rispondono semplicemente che si trattava di una persona importante, talvolta meravigliandosi dell'interesse di uno straniero per un semisconosciuto personaggio locale, talvolta nicchiando con un po' di imbarazzo. D'altro canto non sono tenuti a saperlo, vorrei vedere chi conosce vita, morte e miracoli di tutti i personaggi che sono vissuti nella propria città. Però, poter reperire informazioni in merito da qualche parte, potrebbe far piacere agli interessati. Fortunatamente qualche notizia si reperisce fra gli addetti ai lavori (tecnici del parco nazionale di Kinmen, guide turistiche), ma allo scopo è necessaria la conoscenza del mandarino. Più facilmente su internet, ma anche in questo caso le informazioni in mandarino superano di gran lunga quelle in tutte le altre lingue.


Se pensate di andare a Kinmen senza un accompagnatore che conosca la lingua, preparatevi ad una dura lotta. Benché esistano B&B, hotel, pensioni ove l'inglese viene più o meno parlato, appena fuori dalle mura potreste ritrovarvi come un pesce fuor d'acqua. Beninteso, nulla di non risolvibile con un po' di buona volontà e spirito d'avventura, ma in alcuni casi ciò potrebbe rivelarsi davvero frustrante: dispersi col motociclo in mezzo alla campagna, in cerca di un pasto vegetariano fra bancarelle di salsicce, perplessi dinnanzi ad un gigantesco monumento pieno di turisti cinesi, senza uno straccio di cartello in inglese. Oppure in disperata ricerca d'aiuto mentre un simpatico pitone birmano vi sta avvolgendo fra le sue spire. Ah, non ve lo avevo detto? Beh, a Kinmen tra gli altri serpenti, alcuni dei quali velenosi, ci sono anche i pitoni birmani. Ed poi tarantole, pipistrelli, rospi, granchi violinisti e perioftalmi. In compenso non ci sono molte zanzare. Ma non vi preoccupate, in tanti anni personalmente ho visto solo un serpente, che non era un pitone, ed un tubo di gomma nero che ha mandato nel panico mia moglie!Credo di poter dire che sulle due isole principali sia più elevato il numero di incidenti causati da tubi di gomma che non da pitoni.


In ogni caso, se intendete recarvi a Kinmen, vi consiglio caldamente di informarvi preventivamente su quanto intendete visitare, in modo tale da non rimanere spaesati dinnanzi alla mancanza o approssimazione di informazioni disponibili. Tenete comunque presente che di occidentali qui ne arrivano pochi, probabilmente non varrebbe la pena investire per ovviare alla suddetta lacuna. Non in questo momento almeno.

Come avevo accennato, dopo un recente passato oscuro, Kinmen è in cerca di riscatto. Come tutti i territori che escono da un periodo di sofferenza, anche qui da qualche decennio si tenta di rimettersi in carreggiata. Rimboschimento, rifacimento delle strade, ammodernamento dei piccoli porti, ristrutturazione di edifici storici. Soprattutto l'immancabile bolla speculativa immobiliare. Da qualche anno gli edifici adibiti ad abitazioni stanno spuntando come funghi, a causa della grande richiesta.

Qui infatti esistono numerose agevolazioni, tese a favorire il ripopolamento ma soprattutto gli affari. Data la vicinanza con la Cina popolare, l'arcipelago si trova in posizione privilegiata per gli scambi commerciali (ed anche per il contrabbando), con ancora un buon margine di miglioramento. Inoltre in alcuni casi gli abitanti possono usufruire di servizi e merci provenienti dai dirimpettai a prezzi decisamente inferiori rispetto a quanto può offrire Taiwan. Il recente accordo per la fornitura di acqua potabile proveniente dal Fujian ne è un esempio. Dunque tutti costruiscono, tutti ristrutturano, mentre i prezzi dei terreni salgono e la quantità di cemento va via via aumentando. Non manca anche qui qualche eco mostro, ma sembra che nessuno se ne curi. Anche il tanto sbandierato progetto del ponte che deve connettere le due isole maggiori si è interrotto a causa dei costi lievitati oltre il previsto. Poi c'è la questione dell'ingrandimento dell'aeroporto, per poter ospitare una grande duty free, per poter accogliere più turisti. Ok, tutto nel nome del progresso, del''innovazione, di un futuro migliore per le generazioni future, ma... Il rischio è quello di snaturare tutto l'ambiente, di arrivare al punto di sacrificare centinaia di anni di storia per delle condizioni di vita migliori. Migliori sulla carta. Certo ora la gente vive meglio, ma veramente non vorrei vedere queste isole ridotte a dei blocchi di cemento. Se da un lato la presenza di un parco nazionale permette una certa tranquillità sul tema del rispetto del territorio, non è escluso che future variazioni dei piani urbanistici permettano la crescita dei terreni abitativi a discapito degli altri.


Eppure la lezione dovrebbero averla imparata, da quando a partire dal 17° secolo gli alberi vennero tagliati per la necessità di legname, rendendo le isole aride e prive di difesa dai forti venti. Il risultato fu che i campi si ritrovarono coperti di sabbia, le riserve idriche sotterranee diminuirono sempre più rapidamente. la gente si impoverì, perché una delle risorse principali, l'agricoltura, aveva subito un duro colpo. Cosa accadrebbe oggi se ancora una volta gli alberi ripiantati dall'esercito della ROC venissero spazzati via per far posto al cemento? Ricordiamo l'importanza dei campi di sorgo da cui si ricava la materia prima per il celeberrimo liquore locale, il Kaoliang. Quanto il cemento possa influire sul clima di un territorio così poco esteso è piuttosto ovvio; quanto il fattore climatico sia qui fondamentale, dovrebbe esserlo altrettanto. Qualcuno a Kinmen però sta già iniziando a storcere il naso. Qui esiste una coscienza comune degli abitanti, almeno una parte, che hanno capito quanto il territorio, con le sue caratteristiche, sia importante per la comunità ed il suo sviluppo. Non come un limone da spremere, ma come una risorsa da preservare e sostenere.


Personalmente lo trovo sorprendente, anche se negli ultimi anni questi discorsi stanno prendendo piede anche a Taiwan, mi sembrano ancora marginali rispetto alla "ragion di stato" che vuole qualunque aspetto sacrificato in nome dei fattori economici. Almeno a Kinmen, per quanto ne so io, non espropriano (artificiosamente) terreni. A testimonianza di questi timori, vi è il rifiuto, espresso tramite referendum, di costruire un casinò a Kinmen Minore. La paura di trasformare l'isola in un ritrovo di giocatori d'azzardo e delinquenti di ogni sorta, con inevitabile aumento del traffico e dell'inquinamento, è stato più forte della promessa di posti di lavoro. Qualche volta il ricatto lavorativo non funziona, almeno laggiù... Dunque Kinmen cerca di barcamenarsi fra l'attaccamento al passato ed alle tradizioni, ed una voglia di rinnovamento e nuove opportunità. Se si riuscirà a trovare un equilibrio, solo il futuro ce lo dirà. Le mie sensazioni personali, limitate comunque dalle barriere linguistiche, mi lasciano sperare in un avvenire luminoso per queste genti. Se lo meritano. Oltre alla presa di coscienza di cui ho poc'anzi scritto, mi pare di poter dire che anche gli amministratori locali (di diverso colore politico) abbiano egregiamente contribuito allo sviluppo sostenibile, anche se con qualche eccezione. D'altronde, la perfezione non è di questo mondo.


Avendo avuto la possibilità di conoscere personalmente e parlare con alcuni di questi, ho la certezza che sappiano il fatto loro, e ciò mi fa ben sperare. Il mio timore più grande, è che i grandi gruppi d'investimento arrivino a condizionare le decisioni politiche anche qui, a loro favore ovviamente.

Mall, cinema nuovo di zecca e Starbucks da una parte, botteghe di medicina tradizionale cinese, cucina tipica ed allevatori di ostriche dall'altra. Abitazioni tradizionali dai tetti a punta ad un lato della strada ed edifici moderni dall'altra. Grandi campi di sorgo, con in mezzo case nuove a più piani. Antico e moderno si affrontano ovunque a Kinmen, un po' come accade anche nell'isola di Taiwan, ma qui forse in modo un po' diverso. Mi sembra di poter dire che qui gli opposti si compenetrino, si amalgamino, arrivando talvolta a fondersi in forme nuove e caratteristiche. A Kinmen il vecchio non è stato circondato ed annichilito come ad Hong Kong, oppure sovrastato e nascosto come in certi casi a Taipei.


E' ancora possibile affacciarsi su di un passato che altrove non esiste più. Il vecchio qui è mutato, si è adattato, armonizzato. Tuttavia ha mantenuto la propria identità. Nei luoghi, nelle persone. Negli elementi. Nel vento, nel mare, nel cielo. Ve lo immaginate come poteva essere Kinmen, tanto tempo fa?

Per informazioni sull'Arcipelago di Kinmen e per saperne di più visitate il sito web in italiano dedicato a Kinmen

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