Premessa
Le storie di fantasmi sono presenti in ogni cultura e Taiwan non costituisce certo un'eccezione. Certo, difficilmente tali storie trovano posto nella cronaca quotidiana, troppo presa da fondamentali notizie di gossip ed incidenti stradali. Tuttavia il paranormale esiste anche qui. Apparizioni di UFO, storie di antiche popolazioni dotate di poteri magici, leggende legate al culto dei morti e via dicendo. Il difficile è, per chi non legge il mandarino, scovare ed apprendere tali notizie.
Eppure esse sono parte importante del folklore, della cultura e della società degli abitanti di questi luoghi.
Sta poi ad ognuno di noi decidere dove si trova il confine fra la realtà e l'immaginazione, fra la verità e la finzione.
Prologo
La storia che sto per raccontarvi è ambientata a Kinmen Minore - 小金門, la seconda isola dell'arcipelago che dista 2Km dalle coste della Cina, e riguarda eventi e persone di un ormai lontano 1958, all'indomani della battaglia del 23 agosto - 八二三炮戰, seconda crisi dello Stretto di Taiwan, che vide 227.000 proiettili di cannone piovere sulle teste degli abitanti di questa piccola isola.
Difficile immaginare la quantità di distruzione e morte lasciate sul terreno. Interi villaggi furono rasi al suolo, campi coltivati trasformati in enormi buche. Senza contare i 218 civili e 440 soldati deceduti (fonte Wikipedia). Come se non bastasse, in quel periodo soldati e civili erano terrorizzati dai cosiddetti water ghost - 水鬼. Così venivano chiamati gli incursori che da una parte e dall'altra si intrufolavano nottetempo in territorio nemico, allo scopo di trafugare informazioni, ma anche di seminare terrore e minare il morale, uccidendo quanti si trovavano sulla loro strada. Celebrati come eroi da chi attaccava, temuti come infernali assassini da chi doveva difendersi.
Se da un lato i civili venivano tendenzialmente risparmiati, le vittime preferite erano le sentinelle, le quali, spesso isolate dai commilitoni, nelle notti fredde e nebbiose divenivano facile preda dei fantasmi dell'acqua. Per mezzo di canotti od anche a nuoto, nel buio della notte essi si avvicinavano silenziosamente ad una delle isole dell'arcipelago, abilmente camuffati ed armati anche solo di armi bianche, allo scopo di non far rumore. Strisciavano abilmente all'interno degli edifici militari per collezionare informazioni di intelligence, ma all'occorrenza potevano anche rapire un ufficiale o compiere azioni di guerriglia, facendo esplodere obiettivi sensibili, od addirittura conquistare un intero caposaldo. Se poi consideriamo il fatto che la popolazione civile di Kinmen era costituita principalmente da anziani, donne e bambini, ben si può comprendere come il calar delle tenebre fosse considerato nella quotidianità dei villaggi un momento frenetico e pieno di apprensione. Gli uomini "validi" infatti o erano sotto le armi, oppure a lavorare a Taiwan; ciò in quanto nell'arcipelago storicamente il lavoro ed il mantenimento della famiglia hanno sempre rappresentato un problema; a maggior ragione in periodo di guerra.
In tale contesto si svolge la nostra storia, narrata a suo tempo da tale A-Shui (阿水伯), a tre militari di stanza a Kinmen, che della vicenda avevano sentito parlare. Curiosamente di quei lontani avvenimenti, è oggi piuttosto difficile rinvenire le tracce, trovare qualcuno che sappia, qualcuno propenso a parlare, sebbene ne abbia parlato anche la televisione.
Ma forse questa è solo una mia personale impressione.
La storia
A-Shui non si è mai mosso da Kinmen. Lì è nato ed ha trascorso la propria vita. All'epoca del tragico bombardamento del 23 agosto 1958 era ancora giovane. Prima di tale evento, Qīngqí - 青歧村 era un villaggio costituito da edifici in stile tradizionale fujianese, fatti di pietre e mattoni. Situato nei pressi dello sperone sud occidentale di Kinmen Minore, fu praticamente raso al suolo dai bombardamenti. Tra le sue rovine A-Shui cercava di sbarcare il lunario lavando le vesti dei soldati; oggi invece ha un suo negozio, dove i militari invece si recano, oltre che per fare acquisti, anche per ascoltare una delle sue incredibili storie.
A causa della difficile situazione, ogni giorno gli uomini in uniforme erano sottoposti ad allenamenti ed esercitazioni. Era quindi ovvio che necessitassero di continui rifornimenti di biancheria e vesti. In una mattina come le altre di quell'estate calda sotto tutti i punti di vista, verso le 6, A-Shui prese il motorino per recarsi in una fortezza a ritirare i vestiti da lavare. Secondo le mie personali ricerche, dovrebbe trattarsi del caposaldo L-014, situato a sud del villaggio, al termine di Nanhuan pass, sul promontorio di Nánshān - 南山頭. Stretto fra due lingue di sabbia, ancora oggi questo sperone di basalto è sede del battaglione di Nánshān.
Ebbene, quel giorno A-Shui giunse all'entrata e notò subito che mancava il soldato di guardia.
"Che strano…", pensò distrattamente. Tuttavia egli attraversò l'ingresso e si ritrovò all'interno della base. "Bah, non solo la truppa è già uscita per la corsa mattutina, ma nemmeno la guardia e gli ufficiali sono rimasti" rifletté stupito. Nella sua giovanile ingenuità ancora non poteva sospettare l'agghiacciante realtà.
Alla ricerca di qualcuno, si spinse all'interno di un cunicolo che portava alle camerate.
Lui lì era ormai quasi di casa, avendo ripetuto quel tragitto e quei gesti già innumerevoli volte. Aveva imparato a riconoscere i volti scavati dalle rughe degli ufficiali, ed i tratti gentili di giovani soldati di leva, dalla pelle ancora troppo chiara per essere considerati dei veterani. Improvvisamente una folata di vento gelido lo colpì, facendolo rabbrividire. Tuttavia tale sensazione nulla fu se paragonata alla visione che gli si parò dinnanzi una volta affacciatosi alla camerataAl solo pensiero del ricordo, gli occhi di A-Shui ancora oggi non possono evitare di inumidirsi.
L'intera stanza era divenuta un bagno di sangue. Tutti gli uomini giacevano a terra esanimi, con la gola tagliata (NdA: ritengo si trattasse di un'intera compagnia, da 60 a 250 uomini, da qualche parte ho letto addirittura un battaglione). Tutti, incluso il capitano, riversi nel loro stesso sangue, in un'atmosfera surreale, quasi onirica, talmente orrenda da non poter essere vera. L'odore acre della morte aveva permeato l'intero ambiente, riversandosi sul giovane A-Shui, entrandogli prepotentemente in gola, sino a strozzare quel grido che rimase soltanto nelle sue intenzioni. I water ghost - 水鬼 dell'esercito di Máo Zédōng avevano sorpreso i soldati del Kuomintang nel sonno, e non avevano avuto pietà. Li avevano sgozzati come capre, dai giovani soldati di leva sino al comandante, nel silenzio della notte, senza lasciar loro il tempo di un gemito, di un ultimo respiro. Seppur paralizzato da quell'incubo, A-Shui notò un particolare.
Dalle teste dei cadaveri era stato tagliato via l'orecchio sinistro.
Questo perche' i water ghost - 水鬼 avrebbero dovuto riportare un segno tangibile della propria opera, una sorta di macabro trofeo che dimostrasse ai superiori l'avvenuta strage.
Il giovane abitante di Qīngqí - 青歧村 non dimenticò mai quel giorno. Da allora però, una serie di eventi inspiegabili si succedettero in quei luoghi e fu così che nacque la storia della truppa dei soldati senza testa. Dopo il massacro, per un certo periodo di tempo, nemmeno un singolo plotone fu assegnato a quel complesso militare. Il rispetto per un luogo dove erano morti decine e decine di militari, i tempi tecnici per le analisi e le investigazioni, e chissà cos'altro. Tuttavia gli abitanti di Qīngqí - 青歧村 iniziarono a sentire tutte le notti voci, e rumori provenire dalle baracche dei militari a Nánshān - 南山頭. Si udivano conversazioni dei soldati mentre si esercitavano, rumori di baionette, ed ancora più inquietante, il rumore sordo come un tuono degli scarponi dei soldati che marciano al ritmo del passo dell'oca. Addirittura una notte venne udita una voce provenire da laggiù che dava il ritmo alla marcia: "Passo... un, due, un, due...". A-Shui, come del resto tutti gli abitanti del vicino villaggio, non capiva; così insieme ad un vicino di casa si diresse verso le baracche dei militari a Nánshān - 南山頭. Giunti in prossimità del campo militare, si fecero strada fra i cespugli che lo circondavano per guardare all'interno da un'entrata laterale. Ciò che videro li paralizzò all'istante. Nello spiazzo centrale i due scorsero un insieme di quelli che ritennero, in un primo momento, dei fuochi di Sant'Elmo.
Però, a ben guardare, erano disposti in maniera ordinata, in righe successive. Subito dopo si resero conto che si trattava di soldati. Soldati in uniforme, con l'arma d'ordinanza, organizzati in plotoni, disposti a semicerchio rispetto al comandante, mentre quest’ultimo stava impartendo loro degli ordini. C'era solo un piccolo particolare: erano tutti senza testa. Al suo posto si trovava una fiamma verde tremolante.
Ovviamente la voce dell'accaduto non tardò a diffondersi in tutta l'isola di Kinmen Minore e le autorità militari invitarono un monaco per cantare i sutra, nella speranza di concedere la pace ai defunti. Invano però, perché le esercitazioni della truppa fantasma continuarono ogni notte. Il monaco riuscì ad entrare in comunicazione con quelle anime in pena, scoprendo così il motivo della loro presenza.
In occasione del massacro, le sentinelle palesemente non avevano adempiuto al loro dovere, lasciandosi sorprendere e causando in tal modo la morte dell'intera compagnia; la colpa di ciò ricadeva di conseguenza sul comandante, poiché evidentemente i suoi uomini non erano stati adeguatamente addestrati. Pertanto, allo scopo di ripristinare la disciplina, l'intera truppa doveva esercitarsi ogni notte. Allo scopo di placare le anime dei defunti, il comandante del battaglione si recò presso il campo esplicando delle pratiche divinatorie. Non funzionò, perché il rango dell'ufficiale era troppo basso. In compenso egli si ammalò, e fu in grado di tornare in servizio soltanto dopo molti mesi. Fu quindi il turno del comandante di brigata, presumibilmente un colonnello, di altri ufficiali e forse addirittura di un generale. Nessuno ebbe successo, ancora una volta probabilmente le stelle sulle mostrine non erano abbastanza ed anche loro si ammalarono. La situazione si protrasse per circa sei mesi. In quel lasso di tempo, nessun soldato osò mettere piede negli edifici di quella base militare. Nánshān - 南山頭 era divenuto un nome sinistro, portatore di sventure per chi vi si fosse avventurato. Durante l'inverno però il generalissimo Chiang Kai-shek, in compagnia di alti ufficiali dello stato maggiore, si recò in visita a Kinmen per assistere ad una serie di esercitazioni. Giunto a Nánshān - 南山頭 rimase alquanto contrariato quando constatò che in quell'importante caposaldo difensivo non vi era nemmeno l'ombra (...) di un soldato. Fece chiamare immediatamente il comandante della guarnigione di Kinmen Minore, tale Chen, e domandò con forza spiegazioni.
Inizialmente titubante, Chen raccontò al superiore quanto accaduto. Piuttosto scosso, Chiang Kai-shek decise di rimandare il viaggio di ritorno e di rimanere per assistere personalmente all'inquietante fenomeno. Al calar del sole, egli si fermò presso il villaggio di Qīngqí - 青歧村, accompagnato da una decina di uomini, fra personale militare e civile, un prete taoista, ed una folla alquanto consistente di comuni cittadini.
Tutti attesero fino a notte fonda con apprensione, in particolare gli ufficiali, che temevano l'ira del generalissimo nel caso qualcosa fosse andato storto.
Col passare dei minuti, l'atmosfera si fece via via più intensa, carica di una muta tensione.
Intorno all'una di notte, finalmente qualcosa si mosse. "Al passo... avanti, march... un, due, un, due... sinistra... passo..." L'eco giungeva chiaro e forte, sembrava originare proprio da Nánshān - 南山頭, a circa 1Km di distanza e venne accolto con un brusio di soddisfazione dalla folla in attesa.
I pubblici ufficiali ed i rappresentanti dell'esercito presenti insistettero per far accompagnare il generalissimo da preti, maghi ed altre persone, ma egli rifiutò; A-Shui lo vide salire su di una jeep con un rappresentante del governo locale ed avviarsi con calma in direzione di quella voce misteriosa.
Il macabro raggruppamento dei soldati senza testa era lì, nel piazzale della base militare, fucile in spalla, intento ad eseguire i comandi impartiti, alla flebile luce di orride fiammelle che si stagliavano dal collo di quei poveri corpi immateriali.
Chiang Kai-shek si avvicinò lentamente alla truppa, ed allora accadde l'imponderabile. Improvvisamente i soldati si mossero. "At-tenti!" esclamo il capitano senza testa della compagnia. Aveva riconosciuto Chiang Kai-shek, e velocemente vi si appropinquò allo scopo di fare rapporto. "Armata X, divisione X, battaglione, Battaglione di Nánshān, capitano della compagnia Lǐ Kāizhōng (李開鐘) a rapporto, tutta la compagnia presente all'appello, totale truppa ed ufficiali 130 uomini. Soggetto esercitazione: Corso d'allenamento di base: avanti (進?), rompete le righe; rapporto completato, Sir!".
Mentre il pubblico ufficiale spaventato a morte, era divenuto talmente diafano in volto da sembrare uno spettro a sua volta, Chiang Kai-shek raccolse le proprie energie e senza frenesia né titubanza si rivolse alla truppa schierata: "Cari compatrioti, perché vi state esercitando a tarda notte?" Nessun componente della truppa senza testa si mosse.
Il capitano non aveva dato alcun ordine, pertanto essi rimasero immobili, schierati. "Lo so che vi sentite colpevoli, ma non avete nulla di cui scusarvi con la nazione, la vita e la morte, la vittoria e la sconfitta, sono parte dell'essenza di un soldato, voi vi siete già assunti le vostre responsabilità, la nazione non ha nulla contro di voi", li confortò Chiang Kai-shek.
I presenti rimasero in silenzio, la truppa rimase immobile, l'atmosfera si fece tesa.
Al pubblico ufficiale tremavano le gambe. "Sono il Segretario Generale della Repubblica di Cina Chiang Kai-shek, il leader della nazione, ed in rappresentanza del paese vi annuncio quanto segue: ho appena assistito alla vostra esercitazione e mi ritengo molto soddisfatto; pertanto non ritengo più necessario che veniate ad effettuare ulteriori esercitazioni."
La truppa dei soldati senza testa ascoltò le parole del generalissimo sino alla fine, poi improvvisamente si udì un pianto, quindi il rumore di un singhiozzo andò via via moltiplicandosi e diffondendosi nell'aria. Un alone di tristezza e compassione permeò l'atmosfera. "Lo so che voi compatrioti amate la nazione e le siete fedeli. Per tale motivo, voi dovete riposare in pace, e lasciare che nuove truppe si insedino in questo luogo per difendere il nostro paese. E' o non è così? Comandante Lǐ, prego faccia rientrare la truppa e la metta a riposo."
Dopo quelle parole, gli occhi di Chiang Kai-shek non riuscirono a trattenere le lacrime. Una volta ascoltate le sue parole, il gruppo dei soldati senza testa finalmente iniziò a muoversi. Il capitano si posizionò al centro della truppa e la fece schierare, rivolta verso il generalissimo, per il saluto. Poi ordinò di passargli dinnanzi in rassegna, dal primo all'ultimo. Dopo pochi minuti, l'intera compagnia scomparì nella boscaglia.
Da allora la calma è ritornata a Nánshān - 南山頭, e le nuove truppe sono nuovamente riuscite ad insediarsi.
Qui termina la storia narrata da A-Shui, della compagnia di soldati senza testa. Ne esistono altre versioni più o meno simili.
Leggenda? Realtà? Giudicatelo voi, se vi pare. Ma se vi capitasse una notte di camminare lungo le strade di Kinmen, attenti! Non si sa mai cosa possa sbucare dall'intricata boscaglia…
NOTA: la parte originale di testo in mandarino è stata tradotta con sistemi automatici, e quindi da me riadattata. Alcuni termini, specie quelli d’uso militare potrebbero non essere stati correttamente tradotti benché io abbia cercato di confrontarli con diverse fonti. La citazione del titolo è espressamente voluta.
Per informazioni sull'Arcipelago di Kinmen e per saperne di più visitate il sito web in italiano dedicato a Kinmen