Le relazioni tra Stati Uniti, Taiwan e Cina si basano su accordi diplomatici che consentono, attraverso una serie di espedienti semantici e interpretativi, il mantenimento dei rapporti tra i singoli paesi. La One China Policy ebbe inizio nel 1979 con l’instaurazione, decisa da Jimmy Carter, di relazioni diplomatiche ufficiali tra Washington e Pechino, al termine di un percorso iniziato con la visita in Cina nel 1972 di Richard Nixon, e la conseguente cessazione delle relazioni diplomatiche con Taiwan.
E’ però di grande rilievo che, pur riconoscendo la RPC, gli Stati Uniti non hanno mai ufficialmente accettato il One China Principle – nel testo, infatti, essi “prendono atto” della posizione cinese – ossia non hanno mai dichiarato di riconoscere nella Repubblica Popolare Cinese la sola Cina. Un riconoscimento che, nell’interpretazione di Pechino, è implicita nell’accordo. Per i principali esperti ed analisti di Cross Strait Relation si tratta di un espediente semantico che le parti usarono per aprire le relazioni diplomatiche. Contestualmente, con il Taiwan Relations Act (TRA) del 1979 – nel 2019 si celebreranno i 40 anni e la cui creazione, denominata American Institute, svolge a Taipei, con una imponente presenza di strutture e personale, le stesse funzioni di una Ambasciata – gli Stati Uniti si sono impegnati a difendere la sovranità dell’Isola, fornendo «materiale per la difesa e servizi in quantità necessaria affinché Taiwan protegga sé stessa». La quantità e le modalità di vendita o cessione di armamenti non sono specificate e l’atto stabilisce inoltre che gli Stati Uniti “prenderanno in considerazione qualsiasi tentativo di determinare il futuro di Taiwan con mezzi diversi da quelli pacifici, inclusi boicottaggi o embarghi, come una minaccia per la pace e la sicurezza dell’area del Pacifico occidentale e di grave preoccupazione per gli Stati Uniti”.
In sostanza si tratta di un altro espediente strategico, redatto all’indomani dell’instaurazione delle relazioni ufficiali tra Washington e Pechino, volto a dissuadere azioni belligeranti della Repubblica Popolare Cinese ma anche eventuali decisioni taiwanesi legate ad istanze indipendentistiche. Il TRA e i tre comunicati congiunti sino-americani, redatti nel 1972, 1979 e 1982, costituiscono la base della China Policy statunitense e la cornice di riferimento delle relazioni tra Stati Uniti e Taiwan. Una cornice che, secondo la letteratura scientifica, è stata più volte analizzata e interpretata dalle singole parti, a causa della natura volutamente aperta e fluida del linguaggio usato. Il quadro delle relazioni tra Taiwan e Cina fu poi ulteriormente organizzato intorno ad un incontro semi ufficiale nel 1992 nella Repubblica Popolare Cinese tra i rappresentanti dei due paesi. Il 1992 consensus è una tacita intesa raggiunta tra il Partito Comunista Cinese e la leadership del Kuomintang di Taiwan sull’esistenza di “una sola Cina”, ma nessuna delle parti ha specificato il significato preciso della locuzione mantenendo la libertà di una libera interpretazione. Tale escamotage è stato frequentemente contestato dal DPP di Taiwan, il partito vicino a posizioni identitarie e indipendentiste al governo con la Presidente Tsai Ing- wen. L’accettazione del 1992 consensus è il prerequisito che Pechino ha esplicitamente chiesto al governo guidato da Tsai Ing-wen per intavolare un dialogo.
La Presidente ha risposto suggerendo l’opportunità di una rimodulazione dell’intesa, col risultato che, ad oggi, i rapporti tra l’Amministrazione Tsai e la controparte cinese sono ufficialmente inesistenti. La vicinanza della RPC determina una costante sensazione di accerchiamento a Taiwan, a livello strategico e geografico ma anche diplomatico e di comunicazione. Ogni proiezione esterna del paese, sia nelle organizzazioni internazionali sia al livello sportivo o culturale, è oggetto di contestazione o di boicottaggio. Durante il XIX Congresso del Partito Comunista Cinese Xi Jinping ha esplicitamente fatto riferimento a Taiwan in varie occasione con toni particolarmente duri, dichiarando che «gli sforzi separatisti saranno condannati dal popolo cinese e puniti dalla storia e […] che ogni centimetro del territorio della nostra grande patria non può e non deve rimanere separato dalla Cina». La scelta di Xi Jinping può essere spiegata attraverso l’interpretazione di Hall che, descrivendo la rabbiosa reazione cinese a seguito del discorso, nel 1995, del Presidente taiwanese Lee Teng-hui alla Cornell University negli USA, coniò il termine «diplomacy of anger». Il ruolo delle emozioni all’interno delle Cross Strait Relation secondo Hall è riconducibile a una duplice valenza, quella sociale che intende sottolineare una violazione normativa emotivamente rilevante, e quella strategica che è invece volta a evidenziare i rischi impliciti di una rottura delle relazioni internazionali e dell’eventuale possibilità di generare un vero e proprio conflitto. Il processo di democratizzazione della politica taiwanese ha introdotto un ulteriore elemento di instabilità nelle relazioni tra Cina, Stati Uniti e Taiwan. Washington, pur mostrando un evidente apprezzamento per la costante ed esemplare crescita della partecipazione democratica a Taiwan, ha dovuto contenere qualsiasi spinta eccessiva nei confronti di dinamiche indipendentistiche. Un compito portato avanti nel rispetto degli accordi presi con le “sei assicurazioni”, una dichiarazione unilaterale con cui l’amministrazione Reagan assicurò nel 1982 il sostegno statunitense a Taiwan nella quale il governo di Washington si impegna a non avviare mediazioni tra la Repubblica Popolare Cinese e la Repubblica di Cina. L’approccio di Bill Clinton nei confronti di Taiwan è stato determinato dal riconoscimento della possibile ascesa della Cina al ruolo di potenza mondiale, senza però intuire la reale dimensione di questo ruolo, e dalla necessità di un coinvolgimento inclusivo di Pechino evitando ogni dinamica di contenimento o isolamento. Nel giugno del 1998 a Shanghai il Presidente Clinton, al termine di un viaggio presidenziale in Cina, affermò la politica dei cosiddetti “tre no” riferiti alle aspirazioni di Taiwan. I dinieghi statunitensi riguardavano il sostegno a qualsiasi aspirazione di indipendenza taiwanese, alla possibilità di un sistema “una Cina, una Taiwan” e la rappresentanza taiwanese in organizzazioni internazionali per cui la statualità sia un requisito.
La dichiarazione fu aspramente criticata negli Stati Uniti sia per aver sancito un allineamento totale con la politica di Pechino su Taiwan sia per aver mostrato una eccessiva accondiscendenza nei confronti delle richieste cinesi. Ma Clinton è lo stesso Presidente che, nel 1996, di fronte alle provocatorie esercitazioni militari di Pechino inviò la Flotta nello Stretto di Taiwan. Nell’analisi di Rigger durante il suo mandato presidenziale George W. Bush espresse un giudizio duro nei confronti di ogni dichiarazione del Presidente taiwanese Chen Shui-bian legata ad un cambiamento dello status quo, sia nel 2003 durante la campagna che portò alla seconda elezioni di Chen sia nel 2008 quando il leader di Taiwan si apprestava a lasciare la sua carica. L’amministrazione Bush adottò una politica della doppia deterrenza sia nei confronti della Cina, per scoraggiare eventuali atti di forza nello Stretto, sia nei confronti di Taiwan per evitare ogni atto indipendentista. Mentre la politica di Obama rispetto a Taiwan fu caratterizzata dalla temporanea normalizzazione dei rapporti sino-taiwanesi, i suoi mandati presidenziali coincisero esattamente con i due mandati di Ma Ying-jeou del KMT. In quegli otto anni le Cross Strait Relation vissero un inedito periodo di cooperazione e sinergia, all’insegna di una minore pressione internazionale su Taiwan ed intensificazione degli scambi commerciali tra Pechino e Taipei. Washington approvò tuttavia tre consistenti vendite di armamenti per un valore totale di circa 14 miliardi di dollari, a riprova della cruciale importanza che l’Amministrazione statunitense ha sempre riconosciuto nei confronti dell’alleato taiwanese, la cui importanza geostrategica nell’area dell’Asia-Pacifico è imprescindibile per gli USA.
(Articolo da Geopolitica.info)