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Gianfranco Girelli

Come si fa la salsa di soia?


La salsa di soia, pur essendo dichiaratamente di origine “estremo orientale” trova sempre più impiego anche nella cucina occidentale, come condimento, principalmente, ma anche come ingrediente. Su qualunque motore di ricerca Internet, è sufficiente cercare “salsa di soia ricette” per trovare tante proposte.

L’analogo, se così si può dire, sulle tavole tradizionali europee sarebbe l’aceto, ed esattamente come per l’aceto esistono prodotti diversi per metodologia di produzione e per qualità (e costo), anche per la Salsa di Soia esistono produzioni “industriali” e “tradizionali”.

Entrambi si potrebbero definire “prodotti di fermentazione” tanto che, a mio parere, esistono forti similitudini all’interno dei processi di lavorazione.

Ho visitato due produttori nella zona fra Taichung e Tainan (Xiluo), ed ho poi assaggiato da alcune bottiglie diverse, realizzate con i loro metodi “Tradizionali”. ​​

​Le differenze, con le bottigliette “banali o da produzione industriale” ci sono … eccome, e non bisogna essere “sommelier” per percepirle. A livello industriale, la salsa di soia viene prodotta come reazione chimica veloce (qualche giorno) con l’aggiunta esterna di coloranti, sale e sapori. Anche per l’aceto, esistono i metodi “veloci” industriali da una parte e, all'estremo opposto, il metodo di produzione tradizionale certificato dal Consorzio di Modena.

La narrazione seguente è il riassunto di quanto ci è stato riferito dai due proprietari a proposito dei loro processi produttivi tradizionali

TOSTATURA e FERMENTAZIONE (BREVE) in ARIA

Partiamo con il dire che, causa la grande richiesta di produzione di salsa di soia, i “fermentatori” locali, oltre ad attingere dalla produzione locale, sono costretti ad importare i fagioli anche dall'estero, principalmente dalla Cina. La stessa cosa vale per il sale, che viene importato dall'Australia, sempre per problemi di insufficiente reperibilità di materiale autoctono.

In entrambi i laboratori, i produttori impiegano fagioli “neri” (black beans). Questi, prima di tutto, vengono lavati e tostati (utilizzando il macchinario della prima foto). Una volta raffreddati, i fagioli vengono posizionati dentro dei contenitori circolari (ricordano molto dei setacci rotondi, vedi la seconda foto).

Per facilitarne la fermentazione, viene aggiunto un fungo filamentoso (muffa). I “piatti” (i loro contenuti) vengono lasciati riposare per circa una settimana (giorno più, giorno meno) all'interno di sale o ambienti in cui viene tenuta costante ( per quanto possibile ) la temperatura, l'umidità.

Durante questo periodo, uno dei due produttori ha affermato di muovere periodicamente i fagioli con una spatola da lui stesso “inventata”, mentre l’altro produttore non ha fatto cenno a lavorazioni se non controlli visivi.

Alla fine del periodo di fermentazione, nel secondo caso, come si vede anche nell'immagine, si ottiene una specie di “pizza”, al tatto dura e solida.

FERMENTAZIONE (LUNGA) in SALAMOIA

Il passaggio successivo è il travaso in contenitori di terracotta. Qui la tecnica dei due produttori differisce sostanzialmente, tuttavia ci sono alcuni aspetti comuni se non identici. I vasi sono gli stessi, di terracotta, abbastanza grandi e larghi. I fagioli vengono immersi in un volume d’ acqua salata (aggiungendo eventualmente altre sostanze che nel tempo conferiscono alla salsa finale sapori particolari). Il tempo di permanenza della miscela all'interno delle botti varia dai 6 mesi ai 2 anni. Durante questo periodo, vengono fatte ispezioni anche solo visive, in alcuni casi rimescolamenti, prelievi, assaggi.

Uno dei due produttori, prima della colata della salamoia e poi dei fagioli, inserisce nella botte un cilindro fessurato come da immagine sotto. Le fessure sul lato lungo servono alla penetrazione del solo liquido (la salsa).

Nel tempo il livello del liquido si abbassa raddensandosi. Il prelievo della salsa avviene a fine periodo attraverso una specie di utensile che potrebbe essere benissimo “mutuato” dalla industria vitivinicola (una sorta di cannuccia meccanica che lavora in aspirazione e svuota il cilindro dall'alto).

L'immagine sotto mette in evidenza come, nel tempo, la sostanza si rapprende ed anche la salsa di conseguenza si addensa. A detta di questo produttore, si procede direttamente al filtraggio ed all'imbottigliamento.

Il secondo produttore invece non inserisce alcun cilindro all'interno del vaso. La sua particolarità invece sta nei livelli di riempimento iniziale dei vasi. A seconda di un livello basso, intermedio, alto, la salsa risulterà, alla fine, più o meno densa, più o meno “aromatizzata”. Il prelievo avviene manualmente. A differenza del primo produttore, qui la salsa non viene indirizzata subito (*) all'imbottigliamento ma ad una successiva lavorazione.

(*) è probabile che, prima del confezionamento, venga effettuata anche una pastorizzazione per motivi igienici.

​GRAN FINALE

La mistura salsa e fagioli viene introdotta in un pentolone e bollita per diverso tempo sopra un camino la cui particolarità è quella di creare una forte corrente d'aria, che dall'esterno attraversa il braciere e poi prosegue in canna fumaria senza il benché minimo rilascio di fumi. Un'altra particolarità di questo produttore è la sua appartenenza ed una sorta di ciclo produttivo all'interno del quale “nulla” va perduto: il legno che lui brucia nel forno proviene come scarto di produzione da un mobilificio delle vicinanze, così ​​come la rimanenza del prodotto ricotto dopo la pressatura per l’estrazione della salsa, viene avviato ad un coltivatore locale che lo impiega come concime.

​​​​​​Ovviamente durante il processo di ribollitura, che serve anche come pastorizzazione, possono avvenire additivazioni di prodotti vari per l'insaporimento finale della salsa (ad esempio pezzetti di ananas per ottenere la salsa Pineapple black beans soy sauce).

Su Internet, ho trovato un produttore di Salsa di Soia giapponese che, invece di utilizzare vasi di terracotta, fa fermentare i fagioli in botti … “vinicole”. Questo per dire che esistono tanti processi produttivi diversi. Per quanto mi riguarda, prima di effettuare queste due visite, ammetto di aver sottovalutato il prodotto “Salsa di soia” senza conoscerne per nulla la genesi. Come dire: meglio tardi che mai !!!!

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